di Aidi Pasian e Pierluigi Cibin
Una splendida cornice davvero quella che ha allietato la Festa di Primavera organizzata dall’Assessorato alle Attività Produttive di Jesolo e che ha visto nei giorni 14-15 aprile una presenza di pubblico veramente significativa nell’ambito della manifestazione.
Nonostante il richiamo del vicino litorale, una fiumana di persone si è riversata negli spazi messi a disposizione per l’evento, per partecipare con estremo interesse alle attività proposte dagli espositori.
In particolare, l’Associazione G.R.I.L. e le classi 2aA e 2aD della Scuola Secondaria di I° grado “Michelangelo” di Jesolo, nello spazio antistante il Municipio, hanno potuto intrattenere familiari, amici e il vario pubblico presente, esponendo i risultati della ricerca identitaria condotta in relazione al progetto “Alla scoperta dell’identità e del dialetto del Basso Piave”.
Nel corso dell’anno, grazie alla volontà delle docenti Lia Davanzo e Carla Astorri – coadiuvate dalle colleghe Raffaella Zaramella e Lidia Zucaro – i ragazzi hanno potuto ampliare le indicazioni di studio fornite dai membri dell’Associazione sviluppando, attraverso una seconda annualità, molti spunti di riflessione identitaria.
Partendo dall’analisi dell’anno solare e di come veniva vissuto un tempo nel territorio del Basso Piave, gli allievi hanno potuto sviscerare il senso e il valore di alcune tradizioni particolarmente sentite dalla nostra gente, alcune delle quali peraltro spesso dimenticate. Una fra queste è la festa di San Simión, sostituita ormai da quella di Halloween, del tutto estranea a noi e introdotta anche nelle nostre località attraverso la lingua inglese insegnata nell’ultimo trentennio nelle nostre scuole. Una poesia di Anna Maria Stefanetto (“Rime del Basso Piave”, Mazzanti Editori, 2008 e riedizione 2009) dal titolo “E nostre traditzión” è stata appunto recitata dai ragazzi all’inizio dell’esposizione per metter in evidenza il loro stupore nel ri-conoscere feste e tradizioni appartenenti alla propria identità, di cui non sapevano alcunché. E non è solo questo oblio della storia ad averli stupiti, ma anche il modo in cui esse venivano svolte, legando inscindibilmente i loro valori a ciò che il territorio poteva offrire all’uomo in termini di risorse.
Durante gli incontri in classe nonno Pierluigi li ha stimolati a prendere in esame il concetto stesso di ‘risorsa’: cosa si intende con questo termine? Un dono, un capitale? O piuttosto (come lo considerava l’uomo di palude) un sostegno alla vita e alla continuazione generazionale dell’intero ambito familiare?
Così, sono state messe al vaglio e confrontate feste religiose e feste legate, invece, ai ‘doni’ del territorio, che giustificano appunto forme di ringraziamento come il Panevìn, tradizione tenacemente sopravvissuta nel tempo, nonostante sia stata osteggiata a lungo persino dai sacerdoti che non ne comprendevano il valore e la consideravano una forma sacrilega di adorazione, riferita ai culti pagani antichi!
Rispetto al Panevìn, poi, è stata fortemente sottolineata la differenza con la pratica del “brusàr a vècia”, collocata cronologicamente al giovedì di metà quaresima, e che tutti ormai confondono con la precedente tradizione – vissuta invece a metà della stajón morta (l’inverno)!
Insomma, forme di sincretismo religioso ma, più spesso, anche tanta confusione identitaria vanno di pari passo, se non affiniamo le armi logiche per poter distinguere ciò che appartiene a un territorio piuttosto che all’altro!
I giovani jesolani, divertendosi come non mai, hanno iniziato a cogliere la complessità del percorso identitario che le docenti hanno proposto loro quest’anno.
L’intero arco dell’anno solare è stato sottoposto ad analisi fino al momento più importante per l’uomo di palude: ’a vèrta, la primavera, che rappresenta da sempre la fase della continua rinascita. E i due simboli più rappresentativi della vita che rinasce sono il fiore e l’uovo, entrambi legati a cibi e tradizioni veramente significative; con il secondo è coincisa di fatto la Pasqua cristiana e non è un caso se, ancora oggi, la pratica di donare l’uovo è tanto sentita…
Ben diverso è stato il destino di un’altra tradizione molto importante per la gioventù di un tempo, quella di andare nel bosco di Olmè (Cessalto) il giorno di San Marco (o in prossimità di questa data), per ostentare la propria capacità di assicurare la continuità generazionale formando una famiglia: le ragazze dovevano dimostrare di saper fare almeno una fortàja, i ragazzi dovevano manifestare la propria abilità a supportarle in questo compito (per esempio, procurando le risorse, in questo caso la legna).
Questo il motivo per cui si è scelta la particolare cornice dell’evento jesolano per riproporre quella pratica che, un tempo, era prassi effettuare proprio nel medesimo periodo dell’anno.
Gli alunni delle classi 2aA e 2aD hanno documentato alcuni spunti della riflessione compiuta in classe anche attraverso interviste ai nonni e la realizzazione di piatti tipici.
Un simile lavoro di approfondimento culturale risulta tanto più utile a chi deve saper presentare con coscienza la propria identità ai numerosi turisti che affollano il litorale ed esprimono sempre più curiosità nei confronti del nostro territorio.
E proprio perché l’Associazione riconosce l’enorme sforzo che sta sotto la continuità di quest’azione didattica ha voluto non soltanto supportare i ragazzi nella presentazione dei risultati della loro ricerca dinanzi al pubblico di Jesolo, ma anche vivere con loro la cerimonia legata al Premio “Identità del Basso Piave” – Edizione 2018 – avvenuta nel pomeriggio di domenica 15 aprile, con consegna appunto del premio in denaro elargito dall’Associazione e riconosciuto alle classi e alle loro docenti.
A loro va dunque il nostro vivo apprezzamento non solo per l’opera svolta in classe, bensì per aver saputo coinvolgere a pieno titolo le famiglie in questo sforzo espositivo, dai nonni ai genitori, e per averci dato, ancora una volta, il modo di far capire che, come avveniva un tempo, l’educazione era davvero il risultato del supporto formativo essenziale che gli anziani sapevano offrire a madri e padri, pur nel rispetto del loro naturale ruolo educativo.
Un ringraziamento doveroso va anche all’Assessorato alle Attività Produttive e all’Assessorato alla Cultura del Comune di Jesolo, che hanno creduto immediatamente nella proposta delle docenti, accogliendo la loro richiesta di favorire la partecipazione dei ragazzi all’evento in una forma identitaria davvero caratteristica.