Una mattinata rivolta all’identità territoriale
Le classi terze della Scuola Elementare “L. Da Vinci” di San Donà di Piave hanno incontrato giovedì 11 dicembre l’Associazione “G.R.I.L. Basso Piave”, invitata dalla maestra Denise Brussolo a presentare ai suoi ragazzi uno spaccato delle tradizioni del nostro territorio: attività, questa, che l’ha vista partecipe a tutti gli effetti fra i membri dell’Associazione. È stata una mattinata densa per gli alunni delle due classi, perché proporre una gamma così ampia e complessa di logiche di pensiero nell’arco di un’ora e trenta minuti non è certo facile:
è stato un impegno notevole anche per nonno Pierluigi che, come sempre, ha introdotto e costantemente commentato l’azione degli associati, creando con le sue parole il filo conduttore nell’effettuare l’analisi identitaria richiesta.
Nonno Pierluigi ha preso spunto, nell’iniziare la sua analisi, proprio dalla lettura di un testo poetico scritto da
Anna Maria Stefanetto, dal titolo “E nostre traditzión”, tratto dal volume “Rime del Basso Piave” (Mazzanti Editori): in quest’ultimo sono ben evidenziati alcuni tratti caratteristici delle tradizioni locali collegate al “San Martìn”, nonché il confronto significativo con feste che non appartengono alla nostra identità (come Halloween), alle quali pare che i nostri giovani e le loro famiglie, a volte, tengano più che alle proprie di un tempo, tanto da averle sostituite appunto con quelle…
Per ricordare tali aspetti, l’Associazione ha ripetuto agli alunni alcune filastrocche che gli anziani insegnavano con facilità ai ragazzi di allora.
L’analisi ha quindi toccato uno dei momenti cruciali per la sopravvivenza nel territorio, cioè la ‘stajón morta”, durante la quale era necessario sfruttare al meglio la propria intelligenza per mantenere e conservare adeguatamente le risorse che l’uomo aveva saputo procurare alla famiglia: ovviamente la memoria corre anche all’utilità del maiale, non solo per la carne ma anche per tutti gli altri usi che se ne facevano. Gli insaccati, però, certamente davano l’immagine più eclatante di questa utilità.
Nella ‘stajón morta’ poi, in epoche recenti, ebbe modo di inserirsi un altro evento importante, questa volta sotto il profilo religioso: il Natale. Vissuto in modo certamente più umile, non annoverava fra le sue caratteristiche i doni natalizi, come oggigiorno avviene. Solo con l’insinuarsi di un inquinamento identitario successivo, i giovani cominciarono ad andare di casa in casa il primo giorno dell’anno nuovo, questuando simpaticamente una sorta di piccola ‘mancia’, mentre proferivano una breve filastrocca.
Poi, veniva il Panevìn, con tutta la forza simbolica che questa festa ancestrale ha avuto fino almeno agli anni Sessanta/Settanta del 1900; in seguito si è andata affievolendo l’origine antica delle credenze ad essa collegate, le cui radici si perdono nel tempo. Inquinamenti identitari successivi furono appunto quelli introdotti con la Vecia, proveniente da un’altra identità che, confusa col Panevìn in una sorta di sincretismo che le ha mescolate, è riuscita a far scemare perfino l’aspetto identitario che questo rito un tempo aveva.
I ‘jorni de a gherla’ concludevano di fatto il periodo invernale, il più temuto e per certi aspetti, anche terribile per l’uomo.
Poco dopo, a marzo, per la gente della palude iniziava l’anno, poiché la natura si apriva a nuova vita e l’uovo era appunto la risorsa alimentare che meglio rappresenta il passaggio al momento primaverile, ricco di un cambiamento naturale avvertito da tutti.
E poi l’inverno aveva comunque regalato tanti momenti felici: infatti, nonni e nonne, insieme agli adulti, allietavano a lungo i bambini nelle calde stalle con le loro storie e soprattutto con le filastrocche, molte delle quali oggi dimenticate. Per questo nonno Pierluigi, al termine dell’incontro, ha invitato i bambini a proferirne alcune insieme ai membri dell’Associazione. E bisogna proprio dire che la gioia dei bambini nell’ascoltarle e nell’apprenderle per riproporle a casa è davvero sempre quella di un tempo!