di Aidi Pasian e Pierluigi Cibin
Come ogni anno, all’inizio della stagione autunnale, l’Associazione “G.R.I.L. Basso Piave” è invitata a partecipare ad un convivio con amici e interessati che ormai, per nota consuetudine, si svolge al Ristorante “La cacciatora” a Caposile (Musile di Piave), e qui, appunto, Venerdì 23 settembre si sono riuniti in tantissimi per aderire a questa bella iniziativa, nata diversi anni fa per volontà della signora Stefania Basso.
Nel corso della serata i membri dell’Associazione hanno offerto il loro apporto per intrattenere il pubblico, esponendo un particolare messaggio identitario, come è loro abitudine. In realtà, ogni occasione è utile per avviare un confronto con gli amici che seguono con frequenza e costanza l’azione culturale messa in atto dall’Associazione nel proprio territorio; ma, naturalmente, tale azione è rivolta, a maggior ragione, anche a tutti i nuovi interessati che, di volta in volta, si aggiungono al convivio.
Fra i presenti, anzitutto la Signora Silvia Susanna, Sindaco del Comune di Musile di Piave (che ha dato un breve saluto agli astanti), Luciano Carpenedo – Assessore alla Cultura e all’Associazionismo del medesimo Comune, nonché il Vicesindaco Vittorino Maschietto (che ha raggiunto i convitati nell’ultima parte della serata), il Prof. Leonardo Vecchiotti e diverse docenti dell’Istituto Comprensivo “E. Toti” di Musile di Piave, ove l’Associazione è invitata da molti anni a svolgere la propria azione didattica.
Proprio con il prof. Vecchiotti il Vicepresidente dell’Associazione, Pierluigi Cibin, ha avviato un confronto su alcune tematiche identitarie riferite a valori e logiche di pensiero della gente del Basso Piave, per esempio il senso della morte, tema col quale si è aperta una riflessione attraverso la presentazione al pubblico della poesia “A mort”, di Anna Maria Stefanetto (in “Rime del Basso Piave”, Mazzanti Editori, 2008): si è dato modo, così, di ricordare anche tutti coloro che recentemente ci hanno lasciato, consegnando a noi posteri il loro testimone.
Sappiamo, poi, che la gente del Basso Piave riconosceva certamente alla donna un ruolo preminente in seno alla famiglia, tanto che il “passaggio di consegne” nella gestione dell’intero ambito familiare spettava alla “paróna de casa”, che trasmetteva questo suo ruolo ad un’altra donna, generalmente la nuora che si era dimostrata più capace di continuarne l’azione, dopo la sua dipartita…
Su questa forma di “matriarcato trasversale”, come Pierluigi Cibin lo ha più spesso definito, si continua a nutrire dubbi perché è convinzione di molti che la struttura patriarcale appartenesse anche al nostro territorio: non dimentichiamo, però, che essa nasce all’interno del mondo romano, che ne fa una vera e propria istituzione, ma l’identità e la cultura romane entrano nel territorio del Basso Piave molto più tardi rispetto alla presenza venetica. Le due identità, profondamente diverse tra loro, convissero per molto tempo senza riuscire a fondersi. La diffusione della religione cattolica ha certamente contribuito a far entrare con più forza una mentalità patriarcale, che comunque ha continuato a caratterizzare i territori limitrofi di pianura, ma non è mai riuscita a soppiantare veramente l’identità venetica, che poneva la donna al centro della vita familiare, pur affidando all’uomo il ruolo di chi supporta la vita con la propria azione incisiva e difensiva. Sulla natura dei ruoli e degli ambiti di donne e uomini, nel territorio del Basso Piave, si sono spese già molte parole in altri articoli di questo blog: alla donna erano demandati l’allevamento dei figli e la cura di tutti i componenti della famiglia, mentre all’uomo spettavano altre azioni, come procurare le risorse, difendere il gruppo famigliare e rappresentarlo all’esterno.
Qualsiasi spunto di riflessione e confronto deve necessariamente partire dalla diversità di questi punti di vista identitari che, per quanto confluenti entro uno stesso territorio, emergono ancora nella gente del Basso Piave sotto forma di “archetipi”: spesso conformiamo il nostro modo di agire a logiche di pensiero che ci appartengono intimamente, e dunque continuiamo a portarle avanti, ma spesso inconsapevolmente, senza sapere a quali valori intrinseci appartengono e da quale atavica mentalità derivano.
Per concludere, l’invito finale dei presenti a esporre il canto popolare “La bela polenta” ha dato l’opportunità all’Associazione di ricordare al pubblico anche chi, come Massimo Pasquon e il Gruppo “Pecore nere”, continua a sostenere con forza nel nostro territorio la produzione di un prodotto davvero tipico, il mais, da cui appunto deriva la polenta, il piatto tradizionale forse più caratteristico del Basso Piave, insieme alla “pintza” (e alla relativa festa del Panevìn).